L’arma bianca che sicuramente colpisce di più l’immaginario collettivo è indubbiamente la spada; chi da bambino non ha giocato o desiderato una spada giocattolo? Cominciamo dunque dalla spada: è un’arma bianca a lama lunga, spesso, ma non necessariamente, a doppio filo, adatta a colpire di punta e di taglio e usata dalle più varie civiltà in ogni luogo del mondo e in ogni epoca. È composta, nella sua struttura fondamentale, da una lunga lama e dal fornimento, ossia l’impugnatura e la guardia.
La lama della spada è stata astrattamente divisa lungo la sua lunghezza e la divisione più comune è quella in tre parti più o meno uguali in lunghezza: debole, medio e forte; il debole è la parte più lontana dalla impugnatura, il forte quella più vicina e il medio quella situata fra i due. Durante l’uso, la spada ferisce con il debole, poiché dotato di maggiore velocità, e para i colpi con il forte, poiché maggiormente stabile e robusto. I lati taglienti della spada prendono il nome di filo dritto (o diritto) e filo falso (o rovescio): il filo dritto è quel filo che guarda l’avversario ed è nella stessa direzione delle nocche di chi impugna la spada, mentre il filo falso è quello che rimane rivolto verso chi la impugna e nella direzione del pollice, all’attaccatura. In alcune spade il filo falso viene affilato solo per metà della lunghezza; altre presentano solo un lato affilato, e prendono in questo caso il nome di mezze spade. In generale, il filo dritto si utilizza per tagli diretti e affondi, mentre il filo falso viene utilizzato per i colpi di rovescio. La distinzione tra diritto e rovescio non è sempre inequivocabile: se in alcuni casi la forma dell’elsa o della lama stessa è tale da definire con chiarezza quale è il filo dritto, in altre spade a geometria simmetrica tale distinzione dipende semplicemente da come si impugna l’arma. Normalmente la lama della spada presenta sul lato piatto delle scanalature lungo la sua lunghezza, dette “sgusci”: queste servono per alleggerirne la struttura (e quindi aumentarne la flessibilità) e per facilitare l’estrazione della lama dopo un affondo di punta dal corpo dell’avversario diminuendo l’effetto “ventosa”. La spada può presentare una lama dritta o curva: la lama dritta termina solitamente con una punta più o meno stretta, ed è perciò adatta principalmente agli affondi e alle stoccate; la lama curva è più adatta ai colpi di taglio. “Fornimento” è il termine con cui si identificano le diverse parti della spada atte alla presa e al controllo della lama; un fornimento tipico è costituito dall’elsa (insieme pomolo-manica); la guardia assicura protezione alla mano che regge l’arma: la maggior parte delle guardie furono dotate di bracci laterali, adatti a proteggere le mani dai colpi che potevano scivolare lungo la lama: questo tipo di elsa viene chiamata “crociata” o “cruciforme”. Il pomolo, costituito da un pomello di metallo di varia foggia situato alla base dell’impugnatura, è invece necessario per assicurare un bilanciamento ottimale dell’arma, oltre che per migliorare la presa. Fa formalmente parte del fornimento anche il codolo, la parte terminale della lama che, allungata, penetra nella manica e viene a essa fissata, con vari metodi, in modo da assicurare l’assemblaggio del tutto. Il punto di attacco tra lama e codolo viene chiamato ricasso. Anche le dimensioni della spada sono variabili partendo dalla spada ad una mano, ad una mano e mezza, detta “bastarda”, sino allo spadone a due mani che può arrivare anche anche oltre il metro e mezzo.
Qui sopra si è inserita una semplificazione di come la spada si sia evoluta nei secoli, nell’epoca rievocata dal nostro gruppo (ultimo quarto del XV secolo) e nell’area geografica interessata dai domini veneziani; ma vediamone ora alcune tipologie:
La prima è lo stocco, chiamato anche stocco d’arme o spada da stocco, è una tipologia di spada diffusasi in Europa nel XIV secolo. Evoluzione della spada ad una mano medievale, lunga circa un metro, lo stocco è più lungo, con lama a sezione triangolare o quadrangolare, spessa vicino alla guardia e molto appuntita, robusta, rigida e senza taglio, nata appositamente per menare colpi d’affondo e di punta, chiamati appunto “stoccate” dai cavalieri in armatura. Arma tipica degli ufficiali |
Altra spada molto usata dalla fanteria veneziana era la schiavonesca, arma di derivazione dall’est Europa, lama a sezione esagonale a due tagli a volte con sgusci, guardia con bracci curvati ad “S” in senso orizzontale, pomolo rettangolare con vaga forma a “test di gatto”, prediletta dalle truppe dei territori a est (chiamati schiavoni), molti esemplari sono presenti nell’Armeria del Palazzo Ducale di Venezia. |
Altra arma presente presso l’Armeria del Palazzo Ducale di Venezia e molto usata era la spada da fante, la mezza spada o anche chiamata spada da lato. |
Si tratta di una spada molto evoluta e da essa è derivata la striscia, quella sopra riprodotta è una replica, si notino le varie protezioni per la mano (poteva essere usata anche senza guanti armati) e gli archetti sul ricasso che ne consentono un brandeggio migliore ed una precisione nella stoccata. Qui sotto una selezione di else di alcune presenti nella sunnominata Armeria. |
Altra arma interessante è la storta o coltella, era un’arma bianca manesca del tipo spada corta, con lama monofilare, impugnatura a una mano e fornimento con crociera a bracci divergenti, in forma di “S” verticale, originaria della Spagna e diffusasi in Italia tra il Tardo Medioevo e il Rinascimento. Nel corso del XVI secolo, la parola passò poi a indicare anche la scimitarra e, successivamente, tutti quei tipi di spada a lama curva non identificabili con la sciabola in uso alla cavalleria. La medesima evoluzione linguistica valse per l’equivalente vocabolo spagnolo: alfanje. La storta ebbe notevole successo in Italia, sia tra i bassi ceti sociali (fantaccini reclutati per servire a bordo delle galee da guerra della Repubblica di Venezia o della Repubblica di Genova) sia tra i nobili: la storta figura infatti in numerosi trattati pubblicati dai maestri di scrima attivi nella penisola nel XV secolo. Il particolare contesto storico-militare all’interno del quale si colloca il momento di diffusione dell’arma concorse a una sua rapida ibridazione non altre tipologie di armi manesche monofilari dalla lama ricurva: falcione, Dussack, Großes Messer, ecc. In tutta Europa, la rinata importanza delle forze di fanteria andava portando alla rivalutazione e capillare diffusione di “spade” ben diverse dalla spada a due mani o dallo stocco in uso alle forze di cavalleria pesante che avevano deciso fino ad allora gli esiti delle battaglie. |
Quando la situazione prendeva la piega di una mischia (ancora oggi si usa dire “arrivare ai ferri corti”) entravano in azione daghe e/o pugnali; la daga è un’arma bianca del tipo spada caratterizzata da una lama corta e diritta, a tagli paralleli o triangolari. Ebbe un largo uso nel corso del Medioevo, quando l’uso predominante di spade a lama lunga portò allo sviluppo di un apposito vocabolo per quelle armi la cui lama era compresa tra i 40 ed i 70 cm. D’ampio uso nel Rinascimento sino al XVII secolo, sia in ambito militare che nella pratica duellistica. A partire dal XVIII secolo lo stesso termine passò ad indicare anche certe sciabole corte, dette anche sabro, in dotazione a talune fanterie europee. Si trattava di un corredo indispensabile sia in ambito militare, sia in ambito civile.
Esistono varie tipologie di daga e pugnali, quelli più comunemente usati erano:
La daga a rondelle è un pugnale originario dell’Europa del tardo medioevo (dal XIV secolo in poi), molto diffuso e utilizzato da una gran varietà di persone dai mercanti ai cavalieri. Era indossato alla vita e poteva essere utilizzato sia come utensile da lavoro che come pugnale in battaglia o come arma secondaria nei tornei. La lama era in acciaio e in genere era lunga e sottile e con una punta molto appuntita, solitamente era lunga circa 30 cm; il pugnale intero invece arrivava anche ai 50 cm. La daga a rondelle prende il nome per il suo guardamano di forma circolare (o anche ottagonale) e un pomolo circolare o sferico nella parte terminale dell’elsa. Il codolo della lama si estendeva per tutta la lunghezze dell’impugnatura, che era di forma cilindrica, di solito in legno o in osso. La lama era di solito di forma romboidale, lenticolare, piramidale (in tal caso si parla di sfondagiaco). La punta era molto affilata e il filo poteva essere su uno o su entrambi i lati. Era progettata per essere utilizzata in affondo mirando alle ascelle, o sul braccio brandendola con la presa inversa; tuttavia non era escluso l’utilizzo di taglio: la lama è sufficientemente lunga e dritta da potere essere usata anche per tirare fendenti. In battaglia, le daghe a rondelle erano utili per attraversare le cotte di maglia, infatti anche se non erano in grado di perforare le armature a piastre, potevano essere dirette verso le giunture della corazza e contro l’elmo. Questo era spesso l’unico modo con cui si poteva uccidere un cavaliere pesantemente corazzato.
Un discorso a parte merita la cinquedea, detta anche daga a lingua di bue, è un’arma bianca manesca originatasi nel XV secolo in area veneta, nei dintorni di Ferrara, e poi largamente diffusasi nell’Italia del Rinascimento. Il nome deriva ovviamente dalla larghezza della lama (“cinque dita”) nella parte più vicina all’elsa: tale dimensione, maggiore del consueto se rapportata alla modesta lunghezza (circa 45–55cm), si restringe notevolmente verso la punta conferendo alla lama una forma triangolare. La lama presenta uno o più sgusci che ne aumentano le caratteristiche meccaniche a parità di materiale utilizzato; spesso l’arma è inoltre abbellita da delle decorazioni di gusto tipicamente rinascimentale realizzate mediante le tecniche dell’ageminatura e della damaschinatura. La decorazione spesso ricopriva anche l’elsa e l’impugnatura, che potevano essere ugualmente in metallo o anche in legno o avorio. Il guardamano era di tipica foggia medievale, cioè costituito da una barra di metallo concava orientata verso la punta. Si trattava di un’arma spesso “esibita” dai signori o donata con significati onorifici. |